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IL PROGETTO
"Tra un decennio
il cervello artificiale"
Blue Brain pronto nel 2019, l'annuncio al TedConference di Oxford: "Parleremo con gli ologrammi". Il modello servirà anche per capire come si manifestano le malattie neurologiche e sperimentare nuovi farmacidi LUIGI BIGNAMI
"Alla TedConference del 2019 - ha detto il ricercatore - manderemo un ologramma dei nostri cervelli per parlare tra noi". La strategia che si sta seguendo per raggiungere il risultato finale è l'ingegneria "inversa": di solito, infatti, un ingegnere prima lavora a un progetto poi lo concretizza. Al Blue Brain invece dall'opera realizzata, il cervello appunto, si tenta di risalire al progetto. Al momento si è già riusciti a ricostruire al computer una piccola porzione di corteccia cerebrale di un ratto, alta un millimetro e mezzo e larga mezzo millimetro, che contiene circa diecimila neuroni e 10 milioni di sinapsi, che sono i collegamenti tra i diversi neuroni.
Per arrivare a questo primo risultato si è partiti da una sottile porzione del cervello di un roditore, che è stata mantenuta in "vita" immergendola durante gli esperimenti in una sostanza nutritiva. La "fetta cerebrale" è stata sottoposta all'accurata indagine di un apparecchio che ha permesso di misurare gli scambi chimici ed elettrici tra i neuroni, oltre a determinare la posizione di ciascuno di essi. I dati, poi, sono stati immessi in un computer dove ingegneri informatici hanno ricostruito con estrema pazienza quanto osservato e rilevato nella piccola porzione di corteccia cerebrale.
Le complessità del lavoro è enorme. Infatti in una colonna neocorticale (si tratta di "colonne" di neuroni che dalla parte più superficiale del cervello arrivano fino alla materia grigia, nel suo cuore) sono stati individuati oltre 240 tipi diversi di neuroni, ciascuno dei quali può comunicare con migliaia di altri neuroni. Capire come ciascuno di essi parla con l'altro, quali tipi di segnali chimici o elettrici inviano e come reagiscono al richiamo gli altri neuroni è un'impresa ciclopica.
Per ricostruire questa porzione di cervello, intanto, si è dovuto far ricorso a uno dei più potenti computer al mondo, il Blue Gene dell'Ibm, un supercomputer capace di 22,8 migliaia di miliardi di operazioni al secondo.
Ma qual è l'obiettivo di questa ricerca? Spiega Markram: "Il nostro intento è arrivare a costruire una struttura in grado di lavorare come un cervello umano e anche animale". E aggiunge: "Ma non costruiremo solo un modello, bensì un sistema che sia in grado di prendere informazioni diagnostiche dai pazienti con problemi psichiatrici su cui lavorare in modo personalizzato". Secondo il ricercatore, dunque, il progetto sarà utile non solo per capire come funziona il cervello, ma anche per comprendere come si manifestano le malattie neurologiche a livello individuale. In tal modo, sempre secondo Markram, sarà possibile progettare farmaci costruiti per ogni singolo paziente.
Lo scopo finale del lavoro, dunque, è ricostruire un'intera corteccia cerebrale, ossia lo strato superiore del cervello dove vengono elaborate tutte le informazioni cognitive, così da poter sperimentare nuovi farmaci attraverso simulazioni senza dover usare animali o addirittura i pazienti stessi. Il cervello artificiale, inoltre, potrà essere usato per indagare i meccanismi della memoria e dell'apprendimento. Sottolinea Markram: "Ci sono due miliardi di persone sul pianeta che soffrono di disordini mentali a vari livelli. Una volta terminato, Blue Brain potrà essere la loro soluzione".